Un Lutero umano e carismatico, tra incenso e luce. Tre episodi, una sola fede: quella sincera, che resiste alle ombre della storia.
Der Junge Luther di John Osborne
Regia di Fernando Scarpa
di Roberto Oddo
Lo sfortunato esordio dell’edizione 2001 di Palermo di Scena, pieno di malintesi, grazie al cielo non ha compromesso la messa in scena di Der Junge Luther di John Osborne, con la regia di Fernando Scarpa. Spettacolo in tournée europea, la tappa palermitana, nella suggestiva Chiesa dello Spasimo, dà un inedito prestigio a un festival minato quest’anno non dall’abituale sudditanza ai gruppi di fama, ma da una confusione notevole perfino nella stesura di un cartellone plausibile, se non proprio definitivo.
L’inaugurazione, dunque, è affidata a uno spettacolo tedesco in ambientazione e lingua, ma anche in spirito, esente tanto dalle semplicionerie dell’emigrante quanto dalle astruserie nazionaliste. Lo spettacolo si sviluppa in tre episodi diversi, interpretati da attori differenti, della vita di Martin Lutero, padre fortunatissimo del cosiddetto protestantesimo, della Riforma che tanta fortuna ebbe nel Rinascimento europeo e le cui vestigia influenzeranno le scelte politiche dei secoli successivi.
Nella prima tappa, contro il volere del padre, il giovane Martino diventa frate agostiniano e, davanti a un austero altare annebbiato da nuvole di incenso, comincia le sue meditazioni sull’apparato esteriore della Chiesa cattolica, priva di genuino spirito missionario e lontana dal messaggio divino. Protagonista un tenero Andrea Pangallo, dalla recitazione disciplinata e dal fresco entusiasmo. Di notevole ironia ed efficacia lo schizzo di un mondo anche ridicolo, se osservato con il giusto distacco.
Il secondo episodio, più coinvolgente sul piano scenico, mostra i mercanti di indulgenze cui Lutero, ormai consapevole dell’importanza della propria figura, oppone il veto più deciso, forte di una fede fondata sul solo verbo divino: Sola Scriptura. Si allontana così una volta per tutte dall’esteriorità dei paramenti e dalla cupidigia della curia romana, capace di vendere il presunto perdono dei peccati per denaro e potere. In questa parte spicca il carismatico e aitante Richard Heinrich, intenso e comunicativo, capace di sedurre il pubblico con un’interpretazione essenziale ma vibrante.
Infine, la terza e ultima tappa: il tentativo della Dieta imperiale di Worms di convincere Lutero a ritrattare la propria fede. Ma Lutero, ormai maturo e sereno, oppone la semplicità del suo animo alle manovre politiche della Chiesa. Qui il profeta non troppo involontario della nuova fede è interpretato da Michael Jussen, che restituisce tutta la grandezza eroica e spirituale del personaggio, toccando corde profonde nello spettatore.
Lo spettacolo non prende posizione tra Cattolici e Protestanti, ma si schiera con la Fede, quella sincera e interiore, oggi quasi utopica. Fernando Scarpa, dietro il nome di John Osborne, lancia stilettate contro la Chiesa ma con misura e lucidità. Qualche interpretazione resta acerba, e la partitura complessiva potrebbe arricchirsi di ulteriori sfumature, ma vi si riconoscono la sensibilità rara e l’intelligenza creativa, in uno spazio suggestivo come lo Spasimo: appetibile per chi propone spettacoli itineranti, ma difficile e rischioso per chi non sa affrontare i territori del sacro con rispetto e profondità.
Der Junge Luther
di John Osborne
Regia di Fernando Scarpa
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