Con la sua solita ironia tagliente, Luca Barbareschi smaschera l’ipocrisia del gossip e difende la profondità del pensiero in un mondo che vive di apparenze
Non è uno che le manda a dire, Luca Barbareschi. E infatti, quando parla, sa benissimo che qualcosa esploderà. Stavolta è successo ancora: in un’intervista rilasciata a Fanpage e ripresa poi da Il Fatto Quotidiano, l’attore e regista – che dal 2 novembre tornerà su RaiTre con “Allegro ma non troppo” – ha deciso di puntare dritto contro uno dei mostri sacri della nostra epoca: il gossip che divora l’informazione.
“Se io adesso dichiaro che sto con una ragazza cinese senza una gamba, domani sono su tutti i giornali perché il gossip ha sostituito l’informazione”, dice Barbareschi, con quella schiettezza da uomo di teatro che non conosce filtri. È una provocazione, certo, ma neanche troppo: fotografa un tempo in cui conta più chi dice cosa piuttosto che cosa dice davvero.
Barbareschi non parla per slogan, o almeno non solo. Quando rivendica di essere “felice di non sapere nulla della vita di Clint Eastwood”, in realtà denuncia una cosa precisa: l’ossessione collettiva per il privato, diventata ormai la valuta più potente dei media.
Il problema, spiega, è che oggi l’informazione è basata sul chiacchiericcio. E in effetti, basta scorrere qualsiasi homepage o social per rendersi conto che il confine fra notizia e curiosità si è fatto sottile come carta velina.
Dietro le sue parole, però, c’è anche una forma di malinconia. Barbareschi non è solo l’attore istrionico e il produttore che divide: è un uomo che da cinquant’anni frequenta teatri, set, palcoscenici.
E nel raccontare il nuovo programma, ispirato al saggio di Carlo Cipolla Le leggi fondamentali della stupidità umana, si lascia scappare un pensiero che pesa più di mille tweet: “Il mondo è un sistema chiuso pieno di imbecilli, e il problema è il ruolo che a essi viene dato a seconda dei periodi storici”.
Poi arriva la parte che inevitabilmente finisce in evidenza: il confronto con Fabio Fazio, che andrà in onda la stessa sera sul Nove. “Io farò tutto all’opposto di quello che fa Fazio, dice, me la serve su un piatto d’argento”. Una battuta che in pochi secondi diventa titolo, meme, rimbalzo virale.
E qui scatta il corto circuito: mentre parla di come la televisione dovrebbe tornare ai contenuti, Barbareschi viene citato ovunque proprio per la frase che si presta meglio al clickbait. È il destino di chi combatte il sistema da dentro. E in fondo, anche questa contraddizione fa parte del personaggio: l’uomo che accusa la spettacolarizzazione, ma ne è parte integrante; che rifiuta il gossip, ma ne diventa bersaglio ogni volta che apre bocca.
Quando poi gli chiedono conto della sua fama di “antipatico”, Barbareschi risponde a modo suo: “Sono antipatico a molti giornalisti, ma non al popolo. Altrimenti non avrei fatto 50 anni di teatro con i teatri pieni”.
E ci tiene a mettere i puntini sulle “i” anche sul piano politico: “Sono un vecchio ebreo socialista che paga le tasse, assolutamente ecumenico. Non ho mai votato PD perché cambiano nome ogni volta, ma sono sempre gli stessi”.
È difficile restare indifferenti a un uomo così, anche se spesso divide. Perché dietro il tono polemico c’è qualcosa che oggi, nella comunicazione, è quasi un atto di resistenza: pretendere serietà dove tutti ridono, profondità dove regna la leggerezza.
Alla fine, il punto non è la battuta sulla “ragazza cinese senza una gamba”. È la fotografia di un mondo che non distingue più tra sostanza e rumore di fondo. Barbareschi, piaccia o no, tiene acceso quel riflettore. E in tempi in cui tutti cercano di piacere, lui sceglie ancora di disturbare.
Perché, come direbbe Cipolla, gli imbecilli non mancano mai. Ma ogni tanto serve qualcuno che abbia il coraggio di farlo notare.
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